I CAMPI DI ACCOGLIENZA DEI RIFUGIATI POLITICI IN SVIZZERA DI ANTONIO PIGA
UN SUNTO DI QUESTO ARTICOLO è APPARSO SULLA RIVISTA POSTA MILITARE E STORIA POSTALE N. 103
UN SUNTO DI QUESTO ARTICOLO è APPARSO SULLA RIVISTA POSTA MILITARE E STORIA POSTALE N. 103
Su questo argomento e sulla storia postale che lo riguarda,
poco è stato detto; con queste note spero di portare un ulteriore contributo
alla sua conoscenza.
L’occasione mi viene fornita dall’acquisizione dell’intero carteggio di un rifugiato politico italiano (che in seguito chiamerò Avvocato), noto esponente del socialismo e amico fraterno di Sandro Pertini, che in quei campi ha trascorso oltre un anno della sua vita.
Prima però ritengo sia opportuno esporre, sia pure in modo succinto, una breve storia del ruolo che ebbe la Svizzera nei confronti dei rifugiati.
Per fare ciò mi avvarrò del Rapporto finale della Commissione indipendente d’esperti svizzera II Guerra mondiale del 1999, meglio conosciuto come Rapporto BERGIER.
CENNI STORICI
Nella Svizzera che ha una antica tradizione d’asilo nei confronti dei rifugiati, anche se accompagnata da restrizioni; si operava un distinguo tra profughi desiderabili e indesiderabili. Su questi ultimi si premeva perché cercassero un esilio definitivo altrove.
Nel corso degli anni Trenta, col crescere delle tensioni internazionali che la Società delle Nazioni risultava incapace a risolvere, essa si ritirò progressivamente dai suoi impegni internazionali sino a che, nel 1938, decise di tornare alla neutralità integrale.
Nella primavera del 1933 le autorità federali dettarono le norme, valide fino al 1944, sulla distinzione tra i profughi politici e gli altri. (Fig. 1)
Tra i primi figurava chi correva un pericolo a causa della propria attività politica, facendo però delle distinzioni: i comunisti erano indesiderati; e, secondo le istruzioni del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, si dovevano accogliere solamente “alti funzionari statali, dirigenti di partiti di sinistra e scrittori noti”.
Sulla base di questa rigida interpretazione, negli anni 1933-45, la Confederazione concesse asilo politico solamente a 644 persone.
Tutti gli altri profughi erano considerati, sotto il profilo giuridico, semplicemente degli stranieri; essi sottostavano alle autorità di polizia dei singoli cantoni, da cui dipendeva la concessione dei permessi, che potevano essere limitati a pochi mesi, oppure permessi di dimora e domicilio.
Con lo scoppio, nel 1939, della seconda guerra mondiale, la politica di asilo elvetica mutò radicalmente.
Il 17 ottobre 1939 il Consiglio Federale emanò un decreto che imponeva ai rifugiati il divieto di lavorare, svolgere attività politica e comportarsi in modo contrario alla neutralità elvetica, pena l’espulsione.
A partire dal 1940 venne deciso il loro internamento in campi di lavoro amministrati da personale civile proveniente dalle varie Associazioni umanitarie che si occupavano dell’assistenza ai profughi ed ai rifugiati.
A partire dalla primavera del 1942, aumentando notevolmente il flusso di profughi che cercavano rifugio in Svizzera, la gestione dei campi di accoglienza passò sotto il controllo dell’esercito.
Da un lato l’istituzione dei campi di lavoro consentiva di impiegare i profughi in lavori utili alla collettività, dall’altro serviva come mezzo per tenere sotto controllo una notevole massa di persone che altrimenti sarebbero state difficilmente gestibili.
Nel 1947 le autorità federali affermarono che durante la guerra la Svizzera aveva accolto complessivamente 300.000 fra profughi e rifugiati.
Bisogna ancora dire che, a partire dall’estate del 1942, i rifugiati, fossero essi civili o politici, una volta accolti dovevano consegnare ogni avere in loro possesso, fosse esso costituito da denaro liquido o da oggetti preziosi. (Fig. 8) Di questo documento fornisco la traduzione:
Signora, Vi confermiamo il nostro scritto del 5 corrente e Vi facciamo pervenire con questo plico conformemente al Vostro desiderio una copia del rapporto di stima del Vostro anello tenuto in deposito presso di noi.
In risposta alla pregiata Vostra del 31 maggio scorso Vi comunichiamo che in conformità alle prescrizioni interne recenti noi simo molto restii a concedere anticipi contro garanzia di gioielli, con l'eccezione di gioielli di valore molto elevato e con una valutazione decisamente bassa.
Ci dispiace perciò di non potervi accontentare a questo riguardo avendo il Vostro anello solo un valore approssimativo di 1.000 Franchi.
Tuttavia potete contemplare la possibilità di vendere tale gioiello.
In questo caso vogliate inviarci un ordine e noi Vi sottoporremo un'offerta.
Per il costo della stima, comprese le spese, noi ci permetteremo di addebitarvi 3,50 Franchi di cui vogliate prendere nota.
Vogliate gradire Signora i nostri distinti saluti.
Questa imposizione era priva di una base legale formale; solo nel 1943 il Consiglio federale decise che gli averi sottratti ai rifugiati dovevano essere presi in carico e amministrati dalla Banca Popolare Svizzera.
A tale decisione contribuirono considerazioni organizzative e giuridiche, e anche i notevoli problemi che erano sorti nei campi di smistamento con la custodia di tali averi da parte dell’esercito.
Da questi depositi il rifugiato non percepiva alcun interesse; inoltre venivano detratte le spese di mantenimento ed era nei poteri della Divisione di Polizia vendere, in caso di bisogno, i beni requisiti, senza chiedere l’autorizzazione dei singoli proprietari.
La Divisione di Polizia decideva addirittura sulla legittimità, per i proprietari, di usare quei soldi per l’acquisto di oggetti di uso quotidiano, come scarpe, vestiario, medicine ecc..
Nella domanda per poter effettuare un prelievo bisognava infatti specificare per cosa i soldi venivano usati e doveva essere indirizzata al competente Comando di Polizia che aveva potere di concedere o meno l’autorizzazione.
Al mantenimento dei rifugiati che non possedevano averi propri provvedevano le varie Associazioni umanitarie.
Le principali Associazioni, assieme ad alcune altre minori, erano: Unione svizzera dei comitati ebraici d’assistenza ai rifugiati (VSJF), Comitato svizzero di soccorso per i rifugiati evangelici, Opera unitaria cattolica Caritas, Comitato svizzero di soccorso operaio (CSSO) – Questa associazione, emanazione del partito socialista svizzero, venne fondata dall’Onorevole Canevascini, Consigliere di Stato del Ticino.
Alla fine della guerra, la Banca Popolare Svizzera, che aveva potuto amministrare circa 7.000 conti correnti e 2.700 depositi, dichiarò una perdita complessiva di 50.000 franchi.
CAMPI DI RACCOLTA – QUARANTENA – SMISTAMENTO - DI LAVORO
Una volta accolti, i rifugiati venivano ospitati dapprima presso campi di raccolta situati generalmente nei pressi del confine.
Successivamente venivano inviati nei campi di quarantena, dove soggiornavano per un periodo di circa tre settimane prima di essere destinati ai campi di smistamento.
Questi campi erano sotto il controllo dei militari; solo successivamente, quando venivano destinati ai campi di lavoro o ai Centri gestiti dalle Associazioni umanitarie, venivano consegnati all’Amministrazione Civile.
Nei campi di raccolta, quarantena e smistamento le condizioni di vita erano precarie e spesso non rispondevano nemmeno agli standard minimi: locali privi di riscaldamento, installazioni sanitarie insufficienti, cibo scarso.
Inoltre gli internati erano sottoposti ad una disciplina ferrea: non era permesso scrivere in ebraico o spedire lettere all’estero, ma la cosa più pesante da sopportare per le famiglie era lo smembramento del nucleo famigliare.
Uomini e donne erano inviati in campi separati e i bambini dati in affidamento.
La decisione di dare in affidamento i bambini a famiglie “normali” era ritenuta, dalle Autorità, più proficua per lo sviluppo dei bambini stessi, che non la vita con la madre nei centri per rifugiati.
Le seguenti cifre riferite alla primavera 1944 danno un’idea del fenomeno rifugiati civili: 9.300 dei circa 25.000 profughi civili vivevano in campi e centri collettivi – 3.000 aspettavano nei campi di smistamento – 5.300 abitavano presso parenti e in pensioni – 1.600 uomini e donne lavoravano in agricoltura o presso famiglie – 2.500 bambini risultavano ospiti di famiglie affidatarie.
I rifugiati politici seguivano lo stesso iter burocratico dei rifugiati civili; essi tendevano però a formare una casta separata, alimentando fra di loro, sia col dialogo diretto sia attraverso la corrispondenza, l’ideologia per cui avevano combattuto e subito l’esilio.
Anche per un rifugiato politico esisteva la possibilità di vivere fuori dai campi e dai centri in un regime di semi libertà. Ciò poteva avvenire solo dopo un certo periodo di tempo passato nei campi e a seguito di un lungo iter burocratico che prevedeva oltre alle garanzie economiche anche l’interessamento di un cittadino svizzero che si facesse garante per lui; inoltre la comunità presso cui intendeva risiedere doveva dare parere favorevole così come era necessario il parere favorevole del Cantone in cui era la località della futura residenza.
Ottenuta questa possibilità, il rifugiato era libero di muoversi nell’ambito territoriale su cui aveva giurisdizione la Polizia locale; per qualsiasi spostamento al di fuori di quel territorio anche per un solo giorno occorreva l’autorizzazione, pena la perdita del diritto così faticosamente ottenuto.
Dall’esame della copiosa corrispondenza contenuta nel carteggio dell’Avvocato, che mi ha dato lo spunto per la stesura di queste note, e dall’esame della documentazione consultata, ho potuto individuare 70 campi di vario utilizzo in cui hanno soggiornato rifugiati politici italiani; presumibilmente ne esiteranno altri di cui però non ho conoscenza.
A parte ne presento un elenco.
Sono in grado di documentare l’esistenza di 22 dei suddetti campi attraverso la corrispondenza postale.
In alcuni campi la censura postale è documentata da bolli di censura apposti sulla corrispondenza; (Fig. 4) e (Fig. 5) è presumibile che anche nei campi dove la censura non era evidenziata con un bollo essa esistesse comunque.
SUSSIDI e AIUTI
Una attenta lettura del documento in Fig. 1 ci dice che i rifugiati politici ricevevano dalle Associazioni umanitarie (in questo caso si tratta di una associazione di espressione socialista) un sussidio mensile che cessava nel momento in cui venivano avviati ai campi di lavoro.
Questo sussidio era di 15 Franchi al mese, come si deduce dal documento riprodotto alla (Fig. 1bis).
Minuta della lettera che l'avvocato ha mandato al Comitato di Soccorso Operaio per restituire Frs. 45.
"Vaglia di Frs. 45 in data 27/9/994, al Com.to di Socc. Operaio - Lugano con le seguenti comunicazioni.
Egg 27/9/44
Avendo potuto disimpegnare i miei fondi presso la Banca mi affretto ad inviarvi lw tre mensilità di sussidio che ebbi a ricevere quando mi trovavo presso il Campo "Casa Italia" di Lugano.
Vi sarò grato se vorrete favorirmi un cenno di riscontro a mio scarico.
Vi ringrazio e distintamente vi saluto
Gasthof Alverna Egg (Zurig)"
Ci dice inoltre che ogni rifugiato politico, per poter accedere a questo sussidio, doveva compilare una scheda di cui presento un prototipo alla (Fig. 2) e (Fig. 2 retro)
Si intuisce anche quanto queste Associazioni fossero di aiuto per i rifugiati nell’instradare e sostenere le varie pratiche che dovevano presentare onde ottenere condizioni di vita più confacenti alle loro esigenze.
CORRISPONDENZA CON L’ESTERO
Il divieto di corrispondere con l’estero, se era una grossa limitazione per i rifugiati civili, era, se è possibile,ancora più limitante per i rifugiati politici.
Essi, oltre alla necessità di mantenere i normali rapporti con le famiglie, avevano anche quella di non interrompere il flusso di notizie con i gruppi politici a cui appartenevano.
Svariati sistemi furono messi in atto onde ovviare a questa limitazione; due di questi ingegnosi sistemi sono documentabili attraverso l’esame dei documenti del carteggio dell’Avvocato.
Il primo di questi documenti è una lettera (Fig. 1) inviata alla moglie dell’Avvocato da un’amica, anch’essa rifugiata, dove le comunica che:
“questo ritardo è dovuto dal cambiamento di turno da quel ferroviere che porta la nostra posta. Sono certa però e mi hanno assicurato che i nostri scritti sono arrivati a destinazione e che mia sorella ha le risposte pronte da mandarci ma bisogna aspettare che il ferroviere riprenda il turno di notte per farli passare”
Il secondo documento (Fig. 2) è la lettera che la Ditta di Trasporti Internazionali Zust & Bachmeier di Chiasso invia all’Avvocato per chiedere chiarimenti inerenti alla consegna di uno scritto e allega una nota di addebito per le spese sostenute per corrispondenza da e per l’Italia. (Fig. 3)
ELENCO E DESCRIZIONE DEI CAMPI
Presento ora l’elenco dei campi da me conosciuti in cui hanno avuto asilo rifugiati politici italiani; della maggior parte di essi proporrò dei documenti e, dove è possibile, darò delle informazioni più dettagliate.
Non si tratta certamente di un elenco completo, ulteriori ricerche presso altre fonti di informazione svizzere potrebbero arricchirlo ulteriormente; lo ritengo però un buon punto di partenza per chi desiderasse continuare la ricerca.
L’occasione mi viene fornita dall’acquisizione dell’intero carteggio di un rifugiato politico italiano (che in seguito chiamerò Avvocato), noto esponente del socialismo e amico fraterno di Sandro Pertini, che in quei campi ha trascorso oltre un anno della sua vita.
Prima però ritengo sia opportuno esporre, sia pure in modo succinto, una breve storia del ruolo che ebbe la Svizzera nei confronti dei rifugiati.
Per fare ciò mi avvarrò del Rapporto finale della Commissione indipendente d’esperti svizzera II Guerra mondiale del 1999, meglio conosciuto come Rapporto BERGIER.
CENNI STORICI
Nella Svizzera che ha una antica tradizione d’asilo nei confronti dei rifugiati, anche se accompagnata da restrizioni; si operava un distinguo tra profughi desiderabili e indesiderabili. Su questi ultimi si premeva perché cercassero un esilio definitivo altrove.
Nel corso degli anni Trenta, col crescere delle tensioni internazionali che la Società delle Nazioni risultava incapace a risolvere, essa si ritirò progressivamente dai suoi impegni internazionali sino a che, nel 1938, decise di tornare alla neutralità integrale.
Nella primavera del 1933 le autorità federali dettarono le norme, valide fino al 1944, sulla distinzione tra i profughi politici e gli altri. (Fig. 1)
Tra i primi figurava chi correva un pericolo a causa della propria attività politica, facendo però delle distinzioni: i comunisti erano indesiderati; e, secondo le istruzioni del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia, si dovevano accogliere solamente “alti funzionari statali, dirigenti di partiti di sinistra e scrittori noti”.
Sulla base di questa rigida interpretazione, negli anni 1933-45, la Confederazione concesse asilo politico solamente a 644 persone.
Tutti gli altri profughi erano considerati, sotto il profilo giuridico, semplicemente degli stranieri; essi sottostavano alle autorità di polizia dei singoli cantoni, da cui dipendeva la concessione dei permessi, che potevano essere limitati a pochi mesi, oppure permessi di dimora e domicilio.
Con lo scoppio, nel 1939, della seconda guerra mondiale, la politica di asilo elvetica mutò radicalmente.
Il 17 ottobre 1939 il Consiglio Federale emanò un decreto che imponeva ai rifugiati il divieto di lavorare, svolgere attività politica e comportarsi in modo contrario alla neutralità elvetica, pena l’espulsione.
A partire dal 1940 venne deciso il loro internamento in campi di lavoro amministrati da personale civile proveniente dalle varie Associazioni umanitarie che si occupavano dell’assistenza ai profughi ed ai rifugiati.
A partire dalla primavera del 1942, aumentando notevolmente il flusso di profughi che cercavano rifugio in Svizzera, la gestione dei campi di accoglienza passò sotto il controllo dell’esercito.
Da un lato l’istituzione dei campi di lavoro consentiva di impiegare i profughi in lavori utili alla collettività, dall’altro serviva come mezzo per tenere sotto controllo una notevole massa di persone che altrimenti sarebbero state difficilmente gestibili.
Nel 1947 le autorità federali affermarono che durante la guerra la Svizzera aveva accolto complessivamente 300.000 fra profughi e rifugiati.
Bisogna ancora dire che, a partire dall’estate del 1942, i rifugiati, fossero essi civili o politici, una volta accolti dovevano consegnare ogni avere in loro possesso, fosse esso costituito da denaro liquido o da oggetti preziosi. (Fig. 8) Di questo documento fornisco la traduzione:
Signora, Vi confermiamo il nostro scritto del 5 corrente e Vi facciamo pervenire con questo plico conformemente al Vostro desiderio una copia del rapporto di stima del Vostro anello tenuto in deposito presso di noi.
In risposta alla pregiata Vostra del 31 maggio scorso Vi comunichiamo che in conformità alle prescrizioni interne recenti noi simo molto restii a concedere anticipi contro garanzia di gioielli, con l'eccezione di gioielli di valore molto elevato e con una valutazione decisamente bassa.
Ci dispiace perciò di non potervi accontentare a questo riguardo avendo il Vostro anello solo un valore approssimativo di 1.000 Franchi.
Tuttavia potete contemplare la possibilità di vendere tale gioiello.
In questo caso vogliate inviarci un ordine e noi Vi sottoporremo un'offerta.
Per il costo della stima, comprese le spese, noi ci permetteremo di addebitarvi 3,50 Franchi di cui vogliate prendere nota.
Vogliate gradire Signora i nostri distinti saluti.
Questa imposizione era priva di una base legale formale; solo nel 1943 il Consiglio federale decise che gli averi sottratti ai rifugiati dovevano essere presi in carico e amministrati dalla Banca Popolare Svizzera.
A tale decisione contribuirono considerazioni organizzative e giuridiche, e anche i notevoli problemi che erano sorti nei campi di smistamento con la custodia di tali averi da parte dell’esercito.
Da questi depositi il rifugiato non percepiva alcun interesse; inoltre venivano detratte le spese di mantenimento ed era nei poteri della Divisione di Polizia vendere, in caso di bisogno, i beni requisiti, senza chiedere l’autorizzazione dei singoli proprietari.
La Divisione di Polizia decideva addirittura sulla legittimità, per i proprietari, di usare quei soldi per l’acquisto di oggetti di uso quotidiano, come scarpe, vestiario, medicine ecc..
Nella domanda per poter effettuare un prelievo bisognava infatti specificare per cosa i soldi venivano usati e doveva essere indirizzata al competente Comando di Polizia che aveva potere di concedere o meno l’autorizzazione.
Al mantenimento dei rifugiati che non possedevano averi propri provvedevano le varie Associazioni umanitarie.
Le principali Associazioni, assieme ad alcune altre minori, erano: Unione svizzera dei comitati ebraici d’assistenza ai rifugiati (VSJF), Comitato svizzero di soccorso per i rifugiati evangelici, Opera unitaria cattolica Caritas, Comitato svizzero di soccorso operaio (CSSO) – Questa associazione, emanazione del partito socialista svizzero, venne fondata dall’Onorevole Canevascini, Consigliere di Stato del Ticino.
Alla fine della guerra, la Banca Popolare Svizzera, che aveva potuto amministrare circa 7.000 conti correnti e 2.700 depositi, dichiarò una perdita complessiva di 50.000 franchi.
CAMPI DI RACCOLTA – QUARANTENA – SMISTAMENTO - DI LAVORO
Una volta accolti, i rifugiati venivano ospitati dapprima presso campi di raccolta situati generalmente nei pressi del confine.
Successivamente venivano inviati nei campi di quarantena, dove soggiornavano per un periodo di circa tre settimane prima di essere destinati ai campi di smistamento.
Questi campi erano sotto il controllo dei militari; solo successivamente, quando venivano destinati ai campi di lavoro o ai Centri gestiti dalle Associazioni umanitarie, venivano consegnati all’Amministrazione Civile.
Nei campi di raccolta, quarantena e smistamento le condizioni di vita erano precarie e spesso non rispondevano nemmeno agli standard minimi: locali privi di riscaldamento, installazioni sanitarie insufficienti, cibo scarso.
Inoltre gli internati erano sottoposti ad una disciplina ferrea: non era permesso scrivere in ebraico o spedire lettere all’estero, ma la cosa più pesante da sopportare per le famiglie era lo smembramento del nucleo famigliare.
Uomini e donne erano inviati in campi separati e i bambini dati in affidamento.
La decisione di dare in affidamento i bambini a famiglie “normali” era ritenuta, dalle Autorità, più proficua per lo sviluppo dei bambini stessi, che non la vita con la madre nei centri per rifugiati.
Le seguenti cifre riferite alla primavera 1944 danno un’idea del fenomeno rifugiati civili: 9.300 dei circa 25.000 profughi civili vivevano in campi e centri collettivi – 3.000 aspettavano nei campi di smistamento – 5.300 abitavano presso parenti e in pensioni – 1.600 uomini e donne lavoravano in agricoltura o presso famiglie – 2.500 bambini risultavano ospiti di famiglie affidatarie.
I rifugiati politici seguivano lo stesso iter burocratico dei rifugiati civili; essi tendevano però a formare una casta separata, alimentando fra di loro, sia col dialogo diretto sia attraverso la corrispondenza, l’ideologia per cui avevano combattuto e subito l’esilio.
Anche per un rifugiato politico esisteva la possibilità di vivere fuori dai campi e dai centri in un regime di semi libertà. Ciò poteva avvenire solo dopo un certo periodo di tempo passato nei campi e a seguito di un lungo iter burocratico che prevedeva oltre alle garanzie economiche anche l’interessamento di un cittadino svizzero che si facesse garante per lui; inoltre la comunità presso cui intendeva risiedere doveva dare parere favorevole così come era necessario il parere favorevole del Cantone in cui era la località della futura residenza.
Ottenuta questa possibilità, il rifugiato era libero di muoversi nell’ambito territoriale su cui aveva giurisdizione la Polizia locale; per qualsiasi spostamento al di fuori di quel territorio anche per un solo giorno occorreva l’autorizzazione, pena la perdita del diritto così faticosamente ottenuto.
Dall’esame della copiosa corrispondenza contenuta nel carteggio dell’Avvocato, che mi ha dato lo spunto per la stesura di queste note, e dall’esame della documentazione consultata, ho potuto individuare 70 campi di vario utilizzo in cui hanno soggiornato rifugiati politici italiani; presumibilmente ne esiteranno altri di cui però non ho conoscenza.
A parte ne presento un elenco.
Sono in grado di documentare l’esistenza di 22 dei suddetti campi attraverso la corrispondenza postale.
In alcuni campi la censura postale è documentata da bolli di censura apposti sulla corrispondenza; (Fig. 4) e (Fig. 5) è presumibile che anche nei campi dove la censura non era evidenziata con un bollo essa esistesse comunque.
SUSSIDI e AIUTI
Una attenta lettura del documento in Fig. 1 ci dice che i rifugiati politici ricevevano dalle Associazioni umanitarie (in questo caso si tratta di una associazione di espressione socialista) un sussidio mensile che cessava nel momento in cui venivano avviati ai campi di lavoro.
Questo sussidio era di 15 Franchi al mese, come si deduce dal documento riprodotto alla (Fig. 1bis).
Minuta della lettera che l'avvocato ha mandato al Comitato di Soccorso Operaio per restituire Frs. 45.
"Vaglia di Frs. 45 in data 27/9/994, al Com.to di Socc. Operaio - Lugano con le seguenti comunicazioni.
Egg 27/9/44
Avendo potuto disimpegnare i miei fondi presso la Banca mi affretto ad inviarvi lw tre mensilità di sussidio che ebbi a ricevere quando mi trovavo presso il Campo "Casa Italia" di Lugano.
Vi sarò grato se vorrete favorirmi un cenno di riscontro a mio scarico.
Vi ringrazio e distintamente vi saluto
Gasthof Alverna Egg (Zurig)"
Ci dice inoltre che ogni rifugiato politico, per poter accedere a questo sussidio, doveva compilare una scheda di cui presento un prototipo alla (Fig. 2) e (Fig. 2 retro)
Si intuisce anche quanto queste Associazioni fossero di aiuto per i rifugiati nell’instradare e sostenere le varie pratiche che dovevano presentare onde ottenere condizioni di vita più confacenti alle loro esigenze.
CORRISPONDENZA CON L’ESTERO
Il divieto di corrispondere con l’estero, se era una grossa limitazione per i rifugiati civili, era, se è possibile,ancora più limitante per i rifugiati politici.
Essi, oltre alla necessità di mantenere i normali rapporti con le famiglie, avevano anche quella di non interrompere il flusso di notizie con i gruppi politici a cui appartenevano.
Svariati sistemi furono messi in atto onde ovviare a questa limitazione; due di questi ingegnosi sistemi sono documentabili attraverso l’esame dei documenti del carteggio dell’Avvocato.
Il primo di questi documenti è una lettera (Fig. 1) inviata alla moglie dell’Avvocato da un’amica, anch’essa rifugiata, dove le comunica che:
“questo ritardo è dovuto dal cambiamento di turno da quel ferroviere che porta la nostra posta. Sono certa però e mi hanno assicurato che i nostri scritti sono arrivati a destinazione e che mia sorella ha le risposte pronte da mandarci ma bisogna aspettare che il ferroviere riprenda il turno di notte per farli passare”
Il secondo documento (Fig. 2) è la lettera che la Ditta di Trasporti Internazionali Zust & Bachmeier di Chiasso invia all’Avvocato per chiedere chiarimenti inerenti alla consegna di uno scritto e allega una nota di addebito per le spese sostenute per corrispondenza da e per l’Italia. (Fig. 3)
ELENCO E DESCRIZIONE DEI CAMPI
Presento ora l’elenco dei campi da me conosciuti in cui hanno avuto asilo rifugiati politici italiani; della maggior parte di essi proporrò dei documenti e, dove è possibile, darò delle informazioni più dettagliate.
Non si tratta certamente di un elenco completo, ulteriori ricerche presso altre fonti di informazione svizzere potrebbero arricchirlo ulteriormente; lo ritengo però un buon punto di partenza per chi desiderasse continuare la ricerca.
Campo rifugiati civili di Balerna
Lo scrivente da all’Avvocato istruzioni su come ottenere il trasferimento a Lugano. (Fig. 1) e (Fig. 2)
“Carissimo rispondo subito alla tua cartolina. Mi pare di capire che tu fino ad oggi non abbia presentato ancora la domanda di liberazione, se così è potremmo tentare di ottenerla per il Ticino, o addirittura per Lugano, benché disposizioni generali siano state date in parere contrario, ma l’eccezione spero sia ancora possibile. Occorrerebbe ottenere la garanzia da persona di Lugano, per te e per la signorina; ed io potrei indicartela. E dunque necessario: I – che tu mi dica che ti occorre il garante di qui, del quale ti farò sapere subito il nome. II – che tu mi dica esattamente quando farai partire la domanda da redigersi in duplice copia e nella quale deve essere fatto il nome del garante. III – che tu mi dica cognome, nome e paternità e data di entrata in Svizzera, tuoi e della signorina; IV – che tu mi dica quando sarai trasferito a Lugano, dove ti potrò vedere senz’altro.
I locali qui si troveranno ed al resto provvederemo . Ezio Vigorelli"
Campo internati Casa Italia – Lugano
Si tratta di un campo di smistamento gestito dal Comitato Svizzero di Soccorso Operaio; nella corrispondenza di questo campo appare spesso il timbro di censura.(Fig. 3)
Campo internati di Churwalden
Dovrebbe trattarsi di un campo di lavoro: non ne ho però la certezza.
Alla fine dello scritto lo scrivente da l’indirizzo di un campo disciplina. (Fig. 4)
“… e mi informa di aver cambiato di nuovo campo, desidererebbe avere un tuo scritto, questo è l’indirizzo: Casoni Leo Campo disciplina – Salgeseto Vallese”
Campo di lavoro di Cossonay
Lo scrivente descrive la giornata tipo che si svolge nel campo: (Fig. 5)
“Come posto non è brutto, un paese non tanto vasto ma è molto pulito, come lavoro così così…in campagna a zappare. Al mattino ci si alza alle 4 alle 4,30 si mangia, latte e marmellata alle 5,15 al lavoro, alle 9 pausa! In cui ci danno pane e marmellata, oppure un formaggino e tè, poi si continua sino alle 12,30 li finisce la giornata, poi si mangia, primo minestra di brodo di dadi poi patate con verdura o pesce o un pezzettino di carne e tante volte anche la frutta cioè ciliegie – alla sera idem.
Libertà 2 volte alla settimana poi sabato nel pomeriggio e tutta la domenica…”
Campo disciplina di GRANGES
La notizia dell’esistenza di questo campo di punizione proviene da un rifugiato politico che si trova presso la casa per rifugiati civili di Loverciano gestita dalla Caritas: (Fig.6)
"Casoni è stato trasferito anche lui a Grange per punizione ma non so ancora il motivo.
Ieri è arrivato al campo il Prof. Dozzi e si fermerà con noi.."
Campo rifugiati di Gutsch – Lucerna
Lo scrivente, un medico, dice: (Fig. 7)
“ Sono sistemato qui al campo Gutsch, un albergo in posizione panoramica, a circa 10 minuti dal centro di Lucerna, in qualità di medico del campo, e davvero non posso lamentarmi della mia sorte…”
Campo di Lavoro di Lajoux
Questo documento è stato scritto da Walter Fillak (medaglia d’oro della Resistenza) tre mesi prima del suo rientro in Italia. (Fig. 8)
Il 30 gennaio viene catturato assieme ai membri del suo comando.
Processato il 4 febbraio 1945 dal Comando militare tedesco di Courgnè e condannato a morte.
Impiccato alle ore 5 del 5 febbraio; spezzatosi il cavo, l’esecuzione viene sospesa e dopo qualche tempo ripetuta.
"Caro Avvocato, con questa invio il mio tardivo omaggio al mio superiore.
La vita che trascorro a Lajoux è abbastanza buona: ti risparmio i particolari, e credo me ne sarai riconoscente.
Saluti a tutti.
Cordialità Walter Fillak"
Campo di lavoro Les Enfers (Fig. 9)
Di questo campo conosco solo questo documento, lo scrivente, Fiorenzo Carpi potrebbe essere il noto musicista.
Campo di smistamento Le Signal Grand Verger – Losanna
Lo scrivente ci da una interessante descrizione dell’albergo in cui è sistemato il campo di smistamento, segnalando che “si dorme su materassi”, evidentemente un lusso non sempre presente negli altri campi.
Inoltre descrive molto bene l’ambiente umano che regnava nei campi di smistamento; infatti dice:(Fig. 10) e (Fig.11)
“…ma c’è una cosa che manca e che lascia vuoto l’animo, spingendolo alla malinconia: manca cioè quell’ atmosfera di cameratismo, di allegria e di respiro, che contraddistingue, credo, la Casa d’Italia dalla maggioranza degli altri campi (ormai ne ho visti cinque).
Appena cenato tutti scompaiono dalla circolazione e si ritirano nelle proprie camere e non si vedono quelle compagnie allegre, rumorose che fanno dimenticare tanti dei nostri guai presenti.
Qui è un campo di nazionalità mista; di italiani ce ne sono ben pochi; in prevalenza sono francesi, poi c’è qualche polacco, russo, boemo e tedesco.”
Casa internati Loverciano – Castel S. Pietro (Ticino)
Lo scrivente dice: (Fig. 12)
“ La casa è bella, anche se meno elegante di quella di Seewis, ho avuto un comodo lettino con materasso e cuscino di lana, ed il vitto è buono e sufficiente. Ma quello che vi è di più bello è il cielo azzurro, un sole magnifico e la lingua italiana, che ti fanno credere di essere in patria…..Sono vicino a Mendrisio, dove si ci va con una bella e comoda passeggiata di mezz’ora….La vicinanza alla frontiera mi sorride e mi attira, ma bisogna fare le cose a modo se si vuole essere realmente utili…”
Campo di lavoro Pian San Giacomo – (Mesocco)
Lo scrivente, dopo aver ironicamente magnificato gli effetti dell’attività fisica, rimarca la presenza di pochi politici nel campo a riprova del fatto che i politici erano una casta a sé stante. (Fig. 13) e (Fig. 14)
“ La grafia ti dirà di quanto si siano appesantite le mie braccia: vado facendomi una muscolatura da “camalo”.
Sto bene di salute, dormo e mangio tutto quanto mi vien dato e ricorro il più possibile ad extra. Questo ti dica l’effetto dell’aria e dell’esercizio fisico; quest’ ultimo, per verità, contenuto in limiti sopportabilissimi. L’ambiente è piuttosto scadente: molti ragazzini e pochi politici. Ti dirò che il divertimento serale è il ballo mascolino a suon di radio.Il paese è costituito da una osteria, tre o quattro casette di villeggiatura tuttora chiuse e pochi capanni di alpigiani. L’isolamento è quindi “splendido” e ciò mi fa maggiormente avvertire la mancanza tua…”
Campo di lavoro Pont de la Morge (Sion)
La cartolina inviata al campo di Balerna viene dirottata alla Casa Italia di Lugano dove viene apposto il bollo della censura. (Fig. 15) e (Fig. 16) Lo scrivente dice:
“ Io vivo qui una vita sbiadita e discretamente faticosa, quasi abbandonata ormai la speranza di essere liberato (intende dal campo).
Mi auguro che la sua pratica sia invece assai più breve. Ho una nostalgia vivissima dell’Italia e della nostra Liguria e non vedo l’ora di poter tornare a far qualcosa di più, che non usare la pala e il piccone”
Campo di lavoro di Rabius
Non ho la certezza che questo sia realmente un campo di lavoro; alcuni indizi lo farebbero pensare: uno è la sigla C T che lo scrivente ha posto davanti a Grigione e che potrebbe significare Camp (de) Travail. (Fig. 17)
Campo femminile rifugiati di Rovio
L’unica documentazione dell’esistenza di questo campo l’ho trovata in queste due lettere: la prima, (Fig. 18) proveniente da Rovio, indirizzata al Campo rifugiati (femminile) di Herzberg, dice:
“ Qui, noi tutti vi ricordiamo con simpatia, ma soprattutto la vostra amica Gianna, la milanesona, ed io, la ricordiamo con particolare affetto e ne sentiamo la sua assenza. Ho fatto i vostri saluti alla signorina direttrice, la quale mi incarica di contraccambiarli…”
L’altra dice:(Fig: 19)
“ …Elsa quella che era a Rovio, alta con gli occhiali che dormiva vicino alla famosa professoressa…”
Campo disciplina di Salgeseto Vallese
La cartolina (Fig. 20) proveniente dal Campo di Churwalden pochi giorni prima del 25 aprile 45, alla fine dello scritto dice:
“ …questo è l’indirizzo - Casoni Leo – Campo Disciplina – Salgeseto Vallese…”.
Dal contenuto della cartolina (Fig. 21) si intravede, anche fra i rifugiati, il cambiamento politico che sta avvenendo in Italia e si comincia a delineare il futuro schieramento della sinistra:
“…Sono rimasto male sapendo del colpo tirato a Marcello, nessuno più di me può comprendere quanto soffrirà per simile pugnalata. Eppure dovremo subire e vedere subire anche altri compagni onesti, fintanto che i buoni e sinceri non avranno fatto strada nella classe lavoratrice, l’arrivismo gli opportunisti gli ambiziosi saranno i nostri peggiori nemici. Mi fa molto piacere leggendo la decisione del P.C. e del P.S. per un definitivo accordo nella condotta per la lotta di classe e di unità operaia…”
Campo di lavoro di Seewis Dorf – (Prattigau) (Fig. 22)
Dal testo (Fig. 23) si capisce che fra i rifugiati politici esisteva una solidarietà che si evidenziava anche con gesti come quello di cui parla lo scrivente:
“ I dieci Franchi che hai voluto inviarmi mi hanno fatto piacere per tenerli di riserva, nel caso che ritenessi, ad un dato momento, di rientrare illegalmente in Italia; ma non ne avevo bisogno per me – Tiro innanzi con i 37 centesimi giornalieri che percepisco, lieto dei sacrifici e delle rinunzie conseguenti. Non te li ritorno perché tu ti dispiaceresti e perché io dimostrerei di non aver apprezzato il tuo sentimento e la tua amicizia. Se però ne ricevessi da altra fonte, allora mi permetterai di restituirteli…”
Campo di lavoro di Sierre
L’unico documento che attesta l’esistenza di questo campo è la lettera che riproduco; (Fig. 24) in essa sono contenute notizie interessanti sulla vita materiale e intellettuale che vi si svolgeva. Lo scrivente dice:
“…. Le descriverò qualcosa del campo, e a 10 minuti dalla città, in posizione piuttosto squallida, in una specie di greto del Rodano.
La cittadina è discreta, ha pressoché tutte le moderne comodità.
Il nostro lavoro consiste nel tentativo di rendere coltivabile questa specie di landa che ci circonda; di conseguenza, appianamenti, canali di irrigazione, trasporti di terra e di sassi.
Il campo esiste da più di 4 anni e quindi nella parte gia resa coltivabile ci sono da fare i relativi lavori agricoli…..Il vitto è abbastanza buono ed abbondante, praticamente si fanno 5 ore al giorno di lavoro.
Sveglia alle 4 ¾, colazione, inizio lavoro alle 6, alle nove tazza di tè con fetta di pane, alle 11 ½ fine del lavoro – Nessuno però si affatica troppo.
Nel pomeriggio possiamo andare ogni giorno in gruppo a fare il bagno nel lago qui vicino.
Dormiamo in baracche di legno, dormitori a due piani…..Abbiamo di libera uscita il sabato (si lavora fino alle 10) dalle 14 alle 23, domenica libertà dalle 9 alle 20, martedì sera si può andare in gruppo al cinema.
Si notano diversi tentativi di svolgere un po’ di attività intellettuale, corsi di lingue, conferenze di argomenti vari ed in ogni lingua europea; forse a giorni parlerò dei vari movimenti federativi europei e delle possibilità di una federazione europea…”
Campo rifugiati femminile di Sonnenberg – (Lucerna)
L'esistenza di questo Campo proviene dalla lettera di una rifugiata che, probabilmente, era stata destinata ad eseguire lavori domestici presso una famiglia; infatti dice:(Fig. 25)
“ Domani parto per il campo di “Sonnenberg” Lucerna, dove spero riacquistare il buon senso perduto, naturalmente prima di partire avrei tanto avuto piacere rivederti! Non ti nascondo che lascio Zurigo senza rimpianto…..Purtroppo dovremo passare ancora un inverno in Svizzera, per ciò non potevo più sopportare questa vita, molto meglio il campo…”
Campo rifugiati di Vicosoprano
I campi di Vicosoprano e di Loverciano sono gestiti dalla Caritas – Sulla carta intestata si legge: “ dono del Santo Padre Pio XII per i rifugiati dell’Ossola in Svizzera”. (Fig. 26) - (Fig. 27)
Lo scrivente proviene dal campo di Loverciano, dove, assieme ad altri rifugiati, non frequentando le funzioni religiose, si era messo in cattiva luce sino alle conseguenze che descrive:
“ Dal giorno 6 ci troviamo in questo campo, ci troviamo bene ma molto lontani dal Canton Ticino….I reazionari di Loverciano hanno avuto la meglio con l’aiuto del Vescovo di Lugano quindi tutti i compagni che si trovano costì debbono subire la nostra stessa sorte Valente compreso. Io e Lazzari abbiamo scelto questo campo perché anche qui siamo vicini al confine e siamo già a conoscenza dei luoghi per un eventuale ritorno…”
Indica poi il nuovo indirizzo: Hotel Helvetia Vicosoprano - Bergel
Campo rifugiati femminile di Territet – (Montreux)
Siamo alla fine di marzo 1945 e gli avvenimenti in Italia stanno precipitando; questa atmosfera si percepiva anche fra i rifugiati: la scrivente infatti dice: (Fig.28)
“Incomincio ad abituarmi nuovamente alla vita del campo.
La gente francese è più simpatica e così nelle ore libere cerco di svagarmi un poco per non abbattermi maggiormente….In questi giorni sentiamo grandi avvenimenti e spero che siamo alla fine del nostro esilio”
Campo rifugiati di Weesen
Su questo campo non ho molte notizie; questo è l’unico documento in cui viene citato e lo scrivente si limita a fare solo un generico accenno sul campo: (Fig. 29)
“ Da ieri sera mi trovo al nuovo Hotel mi ha fatto molto piacere trovando la cartolina e sapendo che ci troviamo molto vicini.
Non dubitare che farò di tutto per avere il permesso per venire a trovarti….se il permesso non me lo concederanno verrai tu….”
Campo rifugiati femminile di Herzberg – (Aarg)
L’unica traccia che attesta l’esistenza di questo campo è rappresentata dal documento illustrato alla (Fig. 30), di cui presento un frammento.
Dei seguenti campi: Aarwangen, Adliswil, Agnuzzo, Airolo, Bellinzona, Bimensdorf, Bonstetten, Bremgarten, Bretaye, Casa Italia Bellinzona, Chiasso, Crete-a-l’Oeil, Faido, Finhaut, Gordola,Grossdietwil, Gudo, Haldenstein, Hemberg, Hergiswil, Hinyerguldental, Hotel Majestic Lugano, Lamone, Les Avants sur Montreux Vaud, Ligornetto, Losanna-Orphelinat, Luterbach, Melano, Moudon, Mesocco, Mezzovico, Moerlialp, Mohlin, Montana-Cran, Muggio, Muriaux, Orphelinat, Riva San Vitale, Rovereto, Stabio, Tenero, Tramelan, Unterwalden, Waldeg-Riglicon, Walterswil, Weyach, Winauwilermoos, Wuldegg/Ringlicon, non sono in grado di riprodurre nessun documento; la notizia della loro esistenza l’ho tratta dalla consultazione della letteratura sull’argomento esaminata.
Sistemazione fuori dai campi
Come in precedenza accennato, era consentito ai rifugiati che erano in grado di assolvere alle condizioni imposte dalle norme della Confederazione, di stabilirsi fuori dai campi, sia presso abitazioni di privati cittadini sia presso pensioni e alberghi.
Un esempio è rappresentato dall’ avvocato che, avuta questa concessione, nell’agosto 44 si trasferì con la moglie presso una pensione del paese di Egg – Zurigo. (Fig. 1) e (Fig. 2)
Il rifugiato, se doveva spostarsi dal luogo di residenza anche per un solo giorno, doveva chiedere e ottenere l’autorizzazione del locale Comando di Polizia; (Fig. 3) di questo documento fornisco la traduzione:
Egg 14 marzo 1945
All’Ufficio di Polizia di Egg
Il sottoscritto, ---------, rifugiato politico italiano in Svizzera, domanda l’autorizzazione di andare a Rapperswil (successivamente corretto in Feldbach - Zch) nella giornata di domani 15 marzo.
Con osservanza Dr.
Per i rifugiati, le stazioni di polizia cantonale possono accordare i permessi solamente entro il territorio del cantone di Zurigo.
Perciò vi è vietato di lasciare il cantone. Rapperswil appartiene al cantone di San Gallo e per questa ragione non posso darvi il permesso.
Vogliate per favore prendere nota di ciò.
Dopo che l’Avvocato ebbe corretto la destinazione Rapperswil con Feldbach l’Ufficio di Polizia concesse l’autorizzazione.
Lo scrivente da all’Avvocato istruzioni su come ottenere il trasferimento a Lugano. (Fig. 1) e (Fig. 2)
“Carissimo rispondo subito alla tua cartolina. Mi pare di capire che tu fino ad oggi non abbia presentato ancora la domanda di liberazione, se così è potremmo tentare di ottenerla per il Ticino, o addirittura per Lugano, benché disposizioni generali siano state date in parere contrario, ma l’eccezione spero sia ancora possibile. Occorrerebbe ottenere la garanzia da persona di Lugano, per te e per la signorina; ed io potrei indicartela. E dunque necessario: I – che tu mi dica che ti occorre il garante di qui, del quale ti farò sapere subito il nome. II – che tu mi dica esattamente quando farai partire la domanda da redigersi in duplice copia e nella quale deve essere fatto il nome del garante. III – che tu mi dica cognome, nome e paternità e data di entrata in Svizzera, tuoi e della signorina; IV – che tu mi dica quando sarai trasferito a Lugano, dove ti potrò vedere senz’altro.
I locali qui si troveranno ed al resto provvederemo . Ezio Vigorelli"
Campo internati Casa Italia – Lugano
Si tratta di un campo di smistamento gestito dal Comitato Svizzero di Soccorso Operaio; nella corrispondenza di questo campo appare spesso il timbro di censura.(Fig. 3)
Campo internati di Churwalden
Dovrebbe trattarsi di un campo di lavoro: non ne ho però la certezza.
Alla fine dello scritto lo scrivente da l’indirizzo di un campo disciplina. (Fig. 4)
“… e mi informa di aver cambiato di nuovo campo, desidererebbe avere un tuo scritto, questo è l’indirizzo: Casoni Leo Campo disciplina – Salgeseto Vallese”
Campo di lavoro di Cossonay
Lo scrivente descrive la giornata tipo che si svolge nel campo: (Fig. 5)
“Come posto non è brutto, un paese non tanto vasto ma è molto pulito, come lavoro così così…in campagna a zappare. Al mattino ci si alza alle 4 alle 4,30 si mangia, latte e marmellata alle 5,15 al lavoro, alle 9 pausa! In cui ci danno pane e marmellata, oppure un formaggino e tè, poi si continua sino alle 12,30 li finisce la giornata, poi si mangia, primo minestra di brodo di dadi poi patate con verdura o pesce o un pezzettino di carne e tante volte anche la frutta cioè ciliegie – alla sera idem.
Libertà 2 volte alla settimana poi sabato nel pomeriggio e tutta la domenica…”
Campo disciplina di GRANGES
La notizia dell’esistenza di questo campo di punizione proviene da un rifugiato politico che si trova presso la casa per rifugiati civili di Loverciano gestita dalla Caritas: (Fig.6)
"Casoni è stato trasferito anche lui a Grange per punizione ma non so ancora il motivo.
Ieri è arrivato al campo il Prof. Dozzi e si fermerà con noi.."
Campo rifugiati di Gutsch – Lucerna
Lo scrivente, un medico, dice: (Fig. 7)
“ Sono sistemato qui al campo Gutsch, un albergo in posizione panoramica, a circa 10 minuti dal centro di Lucerna, in qualità di medico del campo, e davvero non posso lamentarmi della mia sorte…”
Campo di Lavoro di Lajoux
Questo documento è stato scritto da Walter Fillak (medaglia d’oro della Resistenza) tre mesi prima del suo rientro in Italia. (Fig. 8)
Il 30 gennaio viene catturato assieme ai membri del suo comando.
Processato il 4 febbraio 1945 dal Comando militare tedesco di Courgnè e condannato a morte.
Impiccato alle ore 5 del 5 febbraio; spezzatosi il cavo, l’esecuzione viene sospesa e dopo qualche tempo ripetuta.
"Caro Avvocato, con questa invio il mio tardivo omaggio al mio superiore.
La vita che trascorro a Lajoux è abbastanza buona: ti risparmio i particolari, e credo me ne sarai riconoscente.
Saluti a tutti.
Cordialità Walter Fillak"
Campo di lavoro Les Enfers (Fig. 9)
Di questo campo conosco solo questo documento, lo scrivente, Fiorenzo Carpi potrebbe essere il noto musicista.
Campo di smistamento Le Signal Grand Verger – Losanna
Lo scrivente ci da una interessante descrizione dell’albergo in cui è sistemato il campo di smistamento, segnalando che “si dorme su materassi”, evidentemente un lusso non sempre presente negli altri campi.
Inoltre descrive molto bene l’ambiente umano che regnava nei campi di smistamento; infatti dice:(Fig. 10) e (Fig.11)
“…ma c’è una cosa che manca e che lascia vuoto l’animo, spingendolo alla malinconia: manca cioè quell’ atmosfera di cameratismo, di allegria e di respiro, che contraddistingue, credo, la Casa d’Italia dalla maggioranza degli altri campi (ormai ne ho visti cinque).
Appena cenato tutti scompaiono dalla circolazione e si ritirano nelle proprie camere e non si vedono quelle compagnie allegre, rumorose che fanno dimenticare tanti dei nostri guai presenti.
Qui è un campo di nazionalità mista; di italiani ce ne sono ben pochi; in prevalenza sono francesi, poi c’è qualche polacco, russo, boemo e tedesco.”
Casa internati Loverciano – Castel S. Pietro (Ticino)
Lo scrivente dice: (Fig. 12)
“ La casa è bella, anche se meno elegante di quella di Seewis, ho avuto un comodo lettino con materasso e cuscino di lana, ed il vitto è buono e sufficiente. Ma quello che vi è di più bello è il cielo azzurro, un sole magnifico e la lingua italiana, che ti fanno credere di essere in patria…..Sono vicino a Mendrisio, dove si ci va con una bella e comoda passeggiata di mezz’ora….La vicinanza alla frontiera mi sorride e mi attira, ma bisogna fare le cose a modo se si vuole essere realmente utili…”
Campo di lavoro Pian San Giacomo – (Mesocco)
Lo scrivente, dopo aver ironicamente magnificato gli effetti dell’attività fisica, rimarca la presenza di pochi politici nel campo a riprova del fatto che i politici erano una casta a sé stante. (Fig. 13) e (Fig. 14)
“ La grafia ti dirà di quanto si siano appesantite le mie braccia: vado facendomi una muscolatura da “camalo”.
Sto bene di salute, dormo e mangio tutto quanto mi vien dato e ricorro il più possibile ad extra. Questo ti dica l’effetto dell’aria e dell’esercizio fisico; quest’ ultimo, per verità, contenuto in limiti sopportabilissimi. L’ambiente è piuttosto scadente: molti ragazzini e pochi politici. Ti dirò che il divertimento serale è il ballo mascolino a suon di radio.Il paese è costituito da una osteria, tre o quattro casette di villeggiatura tuttora chiuse e pochi capanni di alpigiani. L’isolamento è quindi “splendido” e ciò mi fa maggiormente avvertire la mancanza tua…”
Campo di lavoro Pont de la Morge (Sion)
La cartolina inviata al campo di Balerna viene dirottata alla Casa Italia di Lugano dove viene apposto il bollo della censura. (Fig. 15) e (Fig. 16) Lo scrivente dice:
“ Io vivo qui una vita sbiadita e discretamente faticosa, quasi abbandonata ormai la speranza di essere liberato (intende dal campo).
Mi auguro che la sua pratica sia invece assai più breve. Ho una nostalgia vivissima dell’Italia e della nostra Liguria e non vedo l’ora di poter tornare a far qualcosa di più, che non usare la pala e il piccone”
Campo di lavoro di Rabius
Non ho la certezza che questo sia realmente un campo di lavoro; alcuni indizi lo farebbero pensare: uno è la sigla C T che lo scrivente ha posto davanti a Grigione e che potrebbe significare Camp (de) Travail. (Fig. 17)
Campo femminile rifugiati di Rovio
L’unica documentazione dell’esistenza di questo campo l’ho trovata in queste due lettere: la prima, (Fig. 18) proveniente da Rovio, indirizzata al Campo rifugiati (femminile) di Herzberg, dice:
“ Qui, noi tutti vi ricordiamo con simpatia, ma soprattutto la vostra amica Gianna, la milanesona, ed io, la ricordiamo con particolare affetto e ne sentiamo la sua assenza. Ho fatto i vostri saluti alla signorina direttrice, la quale mi incarica di contraccambiarli…”
L’altra dice:(Fig: 19)
“ …Elsa quella che era a Rovio, alta con gli occhiali che dormiva vicino alla famosa professoressa…”
Campo disciplina di Salgeseto Vallese
La cartolina (Fig. 20) proveniente dal Campo di Churwalden pochi giorni prima del 25 aprile 45, alla fine dello scritto dice:
“ …questo è l’indirizzo - Casoni Leo – Campo Disciplina – Salgeseto Vallese…”.
Dal contenuto della cartolina (Fig. 21) si intravede, anche fra i rifugiati, il cambiamento politico che sta avvenendo in Italia e si comincia a delineare il futuro schieramento della sinistra:
“…Sono rimasto male sapendo del colpo tirato a Marcello, nessuno più di me può comprendere quanto soffrirà per simile pugnalata. Eppure dovremo subire e vedere subire anche altri compagni onesti, fintanto che i buoni e sinceri non avranno fatto strada nella classe lavoratrice, l’arrivismo gli opportunisti gli ambiziosi saranno i nostri peggiori nemici. Mi fa molto piacere leggendo la decisione del P.C. e del P.S. per un definitivo accordo nella condotta per la lotta di classe e di unità operaia…”
Campo di lavoro di Seewis Dorf – (Prattigau) (Fig. 22)
Dal testo (Fig. 23) si capisce che fra i rifugiati politici esisteva una solidarietà che si evidenziava anche con gesti come quello di cui parla lo scrivente:
“ I dieci Franchi che hai voluto inviarmi mi hanno fatto piacere per tenerli di riserva, nel caso che ritenessi, ad un dato momento, di rientrare illegalmente in Italia; ma non ne avevo bisogno per me – Tiro innanzi con i 37 centesimi giornalieri che percepisco, lieto dei sacrifici e delle rinunzie conseguenti. Non te li ritorno perché tu ti dispiaceresti e perché io dimostrerei di non aver apprezzato il tuo sentimento e la tua amicizia. Se però ne ricevessi da altra fonte, allora mi permetterai di restituirteli…”
Campo di lavoro di Sierre
L’unico documento che attesta l’esistenza di questo campo è la lettera che riproduco; (Fig. 24) in essa sono contenute notizie interessanti sulla vita materiale e intellettuale che vi si svolgeva. Lo scrivente dice:
“…. Le descriverò qualcosa del campo, e a 10 minuti dalla città, in posizione piuttosto squallida, in una specie di greto del Rodano.
La cittadina è discreta, ha pressoché tutte le moderne comodità.
Il nostro lavoro consiste nel tentativo di rendere coltivabile questa specie di landa che ci circonda; di conseguenza, appianamenti, canali di irrigazione, trasporti di terra e di sassi.
Il campo esiste da più di 4 anni e quindi nella parte gia resa coltivabile ci sono da fare i relativi lavori agricoli…..Il vitto è abbastanza buono ed abbondante, praticamente si fanno 5 ore al giorno di lavoro.
Sveglia alle 4 ¾, colazione, inizio lavoro alle 6, alle nove tazza di tè con fetta di pane, alle 11 ½ fine del lavoro – Nessuno però si affatica troppo.
Nel pomeriggio possiamo andare ogni giorno in gruppo a fare il bagno nel lago qui vicino.
Dormiamo in baracche di legno, dormitori a due piani…..Abbiamo di libera uscita il sabato (si lavora fino alle 10) dalle 14 alle 23, domenica libertà dalle 9 alle 20, martedì sera si può andare in gruppo al cinema.
Si notano diversi tentativi di svolgere un po’ di attività intellettuale, corsi di lingue, conferenze di argomenti vari ed in ogni lingua europea; forse a giorni parlerò dei vari movimenti federativi europei e delle possibilità di una federazione europea…”
Campo rifugiati femminile di Sonnenberg – (Lucerna)
L'esistenza di questo Campo proviene dalla lettera di una rifugiata che, probabilmente, era stata destinata ad eseguire lavori domestici presso una famiglia; infatti dice:(Fig. 25)
“ Domani parto per il campo di “Sonnenberg” Lucerna, dove spero riacquistare il buon senso perduto, naturalmente prima di partire avrei tanto avuto piacere rivederti! Non ti nascondo che lascio Zurigo senza rimpianto…..Purtroppo dovremo passare ancora un inverno in Svizzera, per ciò non potevo più sopportare questa vita, molto meglio il campo…”
Campo rifugiati di Vicosoprano
I campi di Vicosoprano e di Loverciano sono gestiti dalla Caritas – Sulla carta intestata si legge: “ dono del Santo Padre Pio XII per i rifugiati dell’Ossola in Svizzera”. (Fig. 26) - (Fig. 27)
Lo scrivente proviene dal campo di Loverciano, dove, assieme ad altri rifugiati, non frequentando le funzioni religiose, si era messo in cattiva luce sino alle conseguenze che descrive:
“ Dal giorno 6 ci troviamo in questo campo, ci troviamo bene ma molto lontani dal Canton Ticino….I reazionari di Loverciano hanno avuto la meglio con l’aiuto del Vescovo di Lugano quindi tutti i compagni che si trovano costì debbono subire la nostra stessa sorte Valente compreso. Io e Lazzari abbiamo scelto questo campo perché anche qui siamo vicini al confine e siamo già a conoscenza dei luoghi per un eventuale ritorno…”
Indica poi il nuovo indirizzo: Hotel Helvetia Vicosoprano - Bergel
Campo rifugiati femminile di Territet – (Montreux)
Siamo alla fine di marzo 1945 e gli avvenimenti in Italia stanno precipitando; questa atmosfera si percepiva anche fra i rifugiati: la scrivente infatti dice: (Fig.28)
“Incomincio ad abituarmi nuovamente alla vita del campo.
La gente francese è più simpatica e così nelle ore libere cerco di svagarmi un poco per non abbattermi maggiormente….In questi giorni sentiamo grandi avvenimenti e spero che siamo alla fine del nostro esilio”
Campo rifugiati di Weesen
Su questo campo non ho molte notizie; questo è l’unico documento in cui viene citato e lo scrivente si limita a fare solo un generico accenno sul campo: (Fig. 29)
“ Da ieri sera mi trovo al nuovo Hotel mi ha fatto molto piacere trovando la cartolina e sapendo che ci troviamo molto vicini.
Non dubitare che farò di tutto per avere il permesso per venire a trovarti….se il permesso non me lo concederanno verrai tu….”
Campo rifugiati femminile di Herzberg – (Aarg)
L’unica traccia che attesta l’esistenza di questo campo è rappresentata dal documento illustrato alla (Fig. 30), di cui presento un frammento.
Dei seguenti campi: Aarwangen, Adliswil, Agnuzzo, Airolo, Bellinzona, Bimensdorf, Bonstetten, Bremgarten, Bretaye, Casa Italia Bellinzona, Chiasso, Crete-a-l’Oeil, Faido, Finhaut, Gordola,Grossdietwil, Gudo, Haldenstein, Hemberg, Hergiswil, Hinyerguldental, Hotel Majestic Lugano, Lamone, Les Avants sur Montreux Vaud, Ligornetto, Losanna-Orphelinat, Luterbach, Melano, Moudon, Mesocco, Mezzovico, Moerlialp, Mohlin, Montana-Cran, Muggio, Muriaux, Orphelinat, Riva San Vitale, Rovereto, Stabio, Tenero, Tramelan, Unterwalden, Waldeg-Riglicon, Walterswil, Weyach, Winauwilermoos, Wuldegg/Ringlicon, non sono in grado di riprodurre nessun documento; la notizia della loro esistenza l’ho tratta dalla consultazione della letteratura sull’argomento esaminata.
Sistemazione fuori dai campi
Come in precedenza accennato, era consentito ai rifugiati che erano in grado di assolvere alle condizioni imposte dalle norme della Confederazione, di stabilirsi fuori dai campi, sia presso abitazioni di privati cittadini sia presso pensioni e alberghi.
Un esempio è rappresentato dall’ avvocato che, avuta questa concessione, nell’agosto 44 si trasferì con la moglie presso una pensione del paese di Egg – Zurigo. (Fig. 1) e (Fig. 2)
Il rifugiato, se doveva spostarsi dal luogo di residenza anche per un solo giorno, doveva chiedere e ottenere l’autorizzazione del locale Comando di Polizia; (Fig. 3) di questo documento fornisco la traduzione:
Egg 14 marzo 1945
All’Ufficio di Polizia di Egg
Il sottoscritto, ---------, rifugiato politico italiano in Svizzera, domanda l’autorizzazione di andare a Rapperswil (successivamente corretto in Feldbach - Zch) nella giornata di domani 15 marzo.
Con osservanza Dr.
Per i rifugiati, le stazioni di polizia cantonale possono accordare i permessi solamente entro il territorio del cantone di Zurigo.
Perciò vi è vietato di lasciare il cantone. Rapperswil appartiene al cantone di San Gallo e per questa ragione non posso darvi il permesso.
Vogliate per favore prendere nota di ciò.
Dopo che l’Avvocato ebbe corretto la destinazione Rapperswil con Feldbach l’Ufficio di Polizia concesse l’autorizzazione.