LA REPUBBLICA PARTIGIANA DI TORRIGLIA - QUANDO I PARTIGIANI CENSURAVANO LA POSTA
di Antonio A. Piga
Questo articolo è apparso sulla Rivista STORIE DI POSTA n. 12
di Antonio A. Piga
Questo articolo è apparso sulla Rivista STORIE DI POSTA n. 12
Durante l'evolversi del movimento di resistenza al nazifascismo, che si è sviluppato in Italia dopo l'8 settembre 1943, vi sono state diverse zone del Paese in cui questo movimento ha avuto un carattere di incisività e di continuità più marcato rispetto al resto dell'Italia. Una di queste zone è la "Repubblica di Torriglia", sull'Appennino Ligure.
Non intendo fare una trattazione storica degli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita di questa Repubblica Partigiana; valenti storici lo hanno già fatto in modo preciso e dettagliato, con ottime pubblicazioni da cui ho tratto la parte storica contenuta in questo scritto.
Intendo invece trattare un argomento di storia postale ad essi collegato, poco noto e, per quanto riguarda la "Repubblica di Torriglia", sconosciuto alla maggior parte degli studiosi di storia postale.
Si tratta della censura postale attuata sia in arrivo sia in partenza dalle forze partigiane, non in modo occasionale ma sistematico e organizzato.
Prima però di addentrarmi ulteriormente nell'argomento, ritengo necessario dare una sia pur sommaria descrizione delgli avvenimenti storici, in modo che anche quei lettori che non conoscessero le vicende della resistenza in Liguria ne abbiano un quadro sia pure sintetico.
LA REPUBBLICA DI TORRIGLIA
Tutti i dati e i riferimenti storici che riguardano questo capitolo sono tratti dai lavori che cito in bibliografia. Ulteriori notizie e conferme le ho avute dalla viva voce di un protagonista che visse in una posizione di comando le vicende storiche di quel periodo.
Dopo un periodo iniziale successivo all'8 settembre 1943, in cui gruppi di giovani renitenti alla leva, soldati sbandati che non intendevano più combattere sotto i tedeschi e alcuni prigionieri fuggiti dai campi di concentramento, non trovarono di meglio che rifugiarsi sui contrafforti montuosi degli Appennini Liguri alle spalle di Genova, iniziando di fatto quel movimento di resistenza armata al nazifascismo che doveva portare, per ciò che riguarda Genova, alla resa delle truppe tedesche alle forze partigiane, il 25 aprile 1945. Fig. 1bis
Fra questi piccoli gruppi di sbandati si cominciò ben presto a creare un certo collegamento che sfociò in una vera e propria collaborazione in cui l'autodisciplina unita all'idea di lottare per un giusto ideale sopperiva alle manchevolezze che questo embrione d'organizzazione all'inizio inevitabilmente presentava. Con la primavera del 1944 l'organizzazione si affinò sempre di più, trasformandosi in una vera e propria struttura militare composta di Distaccamenti, Brigate e Divisioni e assegnando ad esse delle zone operative.
Nel territorio della "Repubblica di Torriglia" il nucleo principale iniziale di questa struttura era composto dalla Divione Cicchero, dal nome di un piccolo gruppo di case sotto il monte Ramaceto da cui prese le mosse il raggruppamento primitivo che doveva poi formare la Divisione. Il territorio su cui operava la Divisione, comprendeva la Val d'Aveto e la Val Trebbia, di cui Torriglia era il centro più importante. Successivamente la zona d'influenza della Divisione si estese verso la Val Borbera e la Val Curone, nell'Alessandrino, dove operavano altre formazioni partigiane.
Per evitare che vi fossero dei conflitti di competenze, l'8 marzo 1945 fu deciso di creare una nuova Divisione inglobante i nuclei partigiani già operanti in zona. Questa Divisione prese il nome di Divisione Pinan-Cicchero in memoria del Comandante del Distaccamento "Franchi" caduto in combattimento. Il nucleo principale della Divisione era costituito dalle Brigate Arzani, Oreste e Po-Argo e operava prevalentemente nelle valli Borbera e Curone.
La "Repubblica di Torriglia" fu proclamata ufficialmente nel giugno del 1944. Nell'agosto dello stesso anno, con la creazione da parte del CLN della VI zona operativa, il territorio controllato dai partigiani aveva un diametro approssimativo di circa 45 Km nel punto di massima ampiezza. Fig. 1
Questo territorio rimase sotto il controllo partigiano sino al 25 aprile 1945, tranne brevi periodi in concomitanza dei grandi rastrellamenti avvenuti nell'agosto e nel dicembre 1944. Esclusi questi brevi periodi, le forze nazifasciste rimasero concentrate in grossi presidi attorno a questa zona, e si limitavano a tenere sgombre le principali arterie di comunicazione tra la Liguria e il nord del Paese.
A questi rastrellamenti, in modo particolare a quello di agosto, e in genere alle azioni anti-partigiane presero parte anche tre Battaglioni della Divisione Alpina Monterosa. Uno di questi Battaglioni, il Vestone, il 4 novembre 1944 passò armi e bagagli nelle file partigiane.
Le forze partigiane non si limitarono a un'occupazione prettamente militare del territorio, ma si attivarono per dare alla popolazione civile, per quanto era possibile, una normalità di vita. Furono anche indette libere elezioni per la costituzione dei Consigli Comunali e la nomina dei Sindaci.
Con il concorso di queste istituzioni si tentò di normalizzare la situazione annonaria provvedendo alla distribuzione ed al calmieramento dei generi di prima necessità: testimonianza di ciò sono vari documenti conservati presso l'Istituto Storico della Resistenza di Genova, uno dei quali è riprodotto. Fig. 2
La situazione sanitaria fu normalizzata con la creazione di tre ospedali a VARZI, ROCCHETTA LIGURE e ROVEGNO e diversi ambulatori di pronto intervento.
Dell’ordine pubblico fu incaricato il S.I.P. (Servizio Informazioni e Polizia) che oltre al principale compito di controspionaggio provvedeva anche a questa necessità.
Furono riprese anche le attività scolastiche sia nelle classi elementari sia nelle medie. Di questo posso fornire la testimonianza diretta di un’insegnante, che in quel periodo ha prestato la sua opera presso la scuola media partigiana di Rocchetta Ligure. Opera riconosciuta ufficialmente alla fine del conflitto, dalle autorità scolastiche e politiche come testimonia il documento in Fig. 3.
Fu inoltre pubblicato un giornale, “IL PARTIGIANO”, diretto da Giovanni Serbandini (BINI) che alla fine del conflitto dirigerà anche il quotidiano politico “L’UNITA’”.
Questo in breve sintesi è il contesto storico in cui s’inserisce l’argomento che intendo trattare nel seguito di queste note, la Censura Postale partigiana.
CENSURA POSTALE
Fra i compiti del S.I.P., oltre a quelli precedentemente elencati, ve ne era uno direttamente attinente alla sua attività principale di controspionaggio, vale a dire la censura postale.
Di questa attività di censura, l’unico che ne da notizia è G.B. Lasagna nel suo libro “PONTE ROTTO”, ma liquida l’argomento con un generico trafiletto di due righe.
"Contro lo spionaggio, stabilimmo anche di mettere una censura alla posta in entrata e in uscita e di limitare il transito fuori zona alle persone conosciute”.
Era evidente che in un contesto organizzativo com’era quello della “Repubblica di Torriglia” non potesse essere trascurata l’importanza del controllo della corrispondenza.
Non avendo però mai trovato traccia di ciò sulla corrispondenza del periodo, ho sempre pensato che si trattasse di un’inesattezza del Lasagna oppure, che il controllo fosse fatto in modo casuale e non sistematico e quindi non riscontrabile. Il fortuito ritrovamento della busta illustrata in Fig. 4 mi ha fatto ripensare alla notizia data dal Lasagna.
Il documento, come si può notare, non è di facile interpretazione, non presenta, infatti, contrassegni postali, ma la presenza della stella a cinque punte con l’effigie di Garibaldi e la località cui era indirizzata mi hanno spinto ad approfondire le ricerche.
Le ricerche, condotte presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Genova, hanno portato al ritrovamento della documentazione comprovante l’uso della censura postale nel territorio dell’Appennino ligure liberato dalle formazioni partigiane. Il più importante fra questi documenti, quello in Fig. 5, è una Circolare del 13 marzo 1945 (un’altra in data 12 marzo 1945 ricalca la falsariga di questa) inviata dal Comando S.I.P. alla Brigata Garibaldina di Manovra “CAIO” – che controllava la zona di Santo Stefano d’Aveto – dove al paragrafo “SERVIZIO POSTALE” cita testualmente:
1°) Gli ufficiali postali sono tenuti a consegnare al Comando SIP la posta in arrivo e quella in partenza.
2°) Gli ufficiali postali che non si atterranno a queste disposizioni saranno deferiti al Tribunale di Brigata.
3°) E’ consentito ai cittadini muniti di regolare permesso per recarsi oltre la nostra zona da noi controllata di portare lettere di conoscenti e amici sempre che siano vistate dalla censura SIP. I trasgressori saranno puniti con L. 10.000 di multa.
Un altro documento altrettanto interessante è quello alla Fig. 6, inviato dal Comando S.I.P. della Brigata “ARZANI” – che operava nella Val Borbera – e diretto al Comando S.I.P. Divisionale e al Comando della Brigata stessa in data 29 marzo 1945. Si tratta di una relazione relativa a fatti e notizie accadute nella zona, la parte che interessa questa ricerca cita:
“Sono state censurate due cartoline postali del Maresciallo RISI, già comandante della stazione di Garbagna, dirette a certo Silvio Mazzola ed al Geom. Giacinto Riva, sono in corso indagini.”
Questi due documenti confermano dunque che la censura partigiana sulla corrispondenza era in funzione in modo organizzato, perlomeno nei primi mesi del 1945.
Un ulteriore ritrovamento avvenuto in epoca successiva alle mie ricerche presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza ribadisce ulteriormente quanto ho riportato. Si tratta di una lettera, Fig. 7, censurata dalla censura partigiana, proveniente da Santa Margherita Ligure ma imbucata a Genova e diretta a Cabella Ligure. Dell’autenticità di questo documento sono assolutamente certo, proviene, infatti, dalla corrispondenza di una famiglia che in quel periodo soggiornava a Cabella Ligure e da cui l’ho ricevuta direttamente.
L’esame delle lettere alle Fig. 4 e 7 consente alcune osservazioni.
La prima lettera, inviata da Genova a Santo Stefano d'Aveto, ameno centro di villeggiatura estiva ed invernale alle spalle di Chiavari, evidenzia e conferma l’uso della censura sulla corrispondenza trasportata in modo occasionale da privati cittadini. Non risulta infatti inoltrata utilizzando il normale servizio postale, visto che di esso non si trova traccia né sul fronte né sul retro della busta. Chiunque sia stato a portare la missiva, doveva essere al corrente delle disposizioni impartite dal S.I.P. perché si è affrettato a presentare allo stesso la lettera per la censura.
A conferma dell’avvenuto controllo fu apposto sulla busta il timbro della Brigata Garibaldina “CAIO”; ed è lo stesso timbro che appare in calce al documento 2 relativo al calmieramento alimentare.
Poichè la lettera non contiene più la missiva, non è possibile stabilire la data di spedizione e di conseguenza anche il periodo in cui era già in uso la censura postale.
La lettera alla Fig. 7 è stata inoltrata invece attraverso il normale servizio postale. E affrancata con un francobollo da 50c. soprastampato “Repubblica Sociale Italiana”, molto maltrattato; probabilmente si tratta di un francobollo usato precedentemente come moneta.
L’annullo è quello meccanico con linee ondulate di Genova Corrispondenze, la data non è, purtroppo, completamente leggibile: si legge chiaramente il giorno 9, mentre il mese potrebbe essere il 10, invece l’anno non è decifrabile. Anche in questo caso non possiamo conoscere con certezza in che periodo era già in funzione la censura. Si può però tentarne il collocamento temporale dall’esame dell’affrancatura.
La tariffa di 50c. per il porto semplice fuori distretto per una lettera, cessava con il 30 settembre 1944, per passare con il 1 ottobre a 1 lira. La data d’impostazione non può essere il 9 ottobre 1943 per l’ovvia ragione che in quel periodo le formazioni partigiane erano ancora allo stato embrionale, e i francobolli con l'effige reale non erano ancora stati soprastampati. E daltra parte non può essere il 9 ottobre 1945 perché la liberazione avvenne il 25 aprile 1945 ed è impensabile che in ottobre ci fosse ancora la censura partigiana; inoltre il francobollo ormai era fuori corso.
La data d’impostazione non può quindi essere che il 9 ottobre 1944. Il documento in questione avrebbe dovuto perciò essere sottoposto a tassazione, di ciò invece non vi è traccia. Il perché ciò non sia avvenuto può avere la seguente spiegazione: la lettera risulta spedita il giorno 9, ma era stata scritta e affrancata almeno un giorno prima – ricordiamoci che il mittente è di Santa Margherita Ligure e la lettera è partita da Genova – risulterebbe quindi fuori tariffa da pochissimi giorni.
Era possibile quindi che chi ha spedito la lettera non fosse a conoscenza del cambio di tariffa; a ciò si aggiunge il fatto che l’obliterazione è avvenuta meccanicamente e daltra parte l'ufficio di partenza non segnalò l'insufficente affrancatura con la "T", come avrebbe dovuto. Nè vi badò l’ufficio di transito al limite della zona partigiana, data la particolare situazione in cui si trovava ad operare. Sappiamo da altre situazioni simili, come la "Repubblica di Montefiorino" nel Modenese, che i collegamenti postali erano normalmente interrotti con le aree controllate dai partigiani. Se la corrispondenza transitava ugualmente, almeno in parte, lo si doveva certamente all'iniziativa degli impiegati postali. I quali però - per comprensibile precauzione - non lasciavano traccia della loro opera: e questo spiega l'assenza di qualsiasi bollo di transito o di arrivo, che sarebbe stato compromettente.
CONCLUDENDO
Le conclusioni che si possono trarre dai documenti analizzati sono tre:
1) La censura postale partigiana nella “Repubblica di Torriglia” era una realtà presente e operante, anche se probabilmente non era sempre evidenziata con timbri o fascette attestanti la sua applicazione.
2) Dagli elementi attualmente conosciuti (troppo pochi) non è possibile dire quando diventò operativa, ma si può ragionevolmente ipotizzare che ciò sia avvenuto nell’autunno del 1944. Bisognerà però attendere ulteriori ritrovamenti per stabilire delle date certe.
3) Dalle mie ricerche sul materiale che attualmente disponibile in ambito collezionistico e dalle informazioni raccolte presso persone che vissero quelle vicende storiche - perché dimoravano in quei territori o perché vi operarono militarmente in posizioni di comando - ho tratto la conclusione che la corrispondenza in partenza o in arrivo fosse molto poca. Ciò era dovuto sia agli avvenimenti bellici che incombevano su quei territori, sia alla precarietà dei collegamenti automobilistici (le autocorriere erano l’unico mezzo di locomozione, assieme al “cavallo di San Francesco” !) che congiugevano questi territori montuosi con i centri di fondovalle. Infatti non sempre erano in grado di svolgere la loro attività, specialmente nel 1945 quando gli eventi bellici stavano precipitando e l'Alta Italia era in pieno caos e scarseggiava tutto, in particolare la benzina e il gasolio.
Questo è quanto attualmente è a mia conoscenza. Non molto, ma spero sia sufficiente a creare in chi legge curiosità è un eventuale interesse ad approfondire questo aspetto poco conosciuto della storia italiana, non solo postale.
BIBBLIOGRAFIA
F. ALVESI – La Ribellione degli Italiani – F.lli Bocca Editori 1956
R. BATTAGLIA – Storia della Resistenza Italiana – Einaudi Editorie 1973
R. BATTAGLIA-G. GARRITANO – Breve Storia della Resistenza Italiana – Editori Riuniti 1997
G. BOCCA – Storia dell’Italia Partigiana – Universale Laterza 1971
G. BOCCA – La Repubblica di Mussolini – Mondadori Editore 1994
L. KLINKHAMMER – l’Occupazione Tedesca in Italia – Bollati – Boringhieri Editori 1996
G.B. LASAGNA – Il Ponte Rotto – Edizioni Colibrì 1996
MARZO (Giovanni Battista Canepa) - La Repubblica a Torriglia – Di Stefano Editore 1975
G. PANSA – Guerra Partigiana tra Genova e il Po – Editori Laterza 1998
Non intendo fare una trattazione storica degli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita di questa Repubblica Partigiana; valenti storici lo hanno già fatto in modo preciso e dettagliato, con ottime pubblicazioni da cui ho tratto la parte storica contenuta in questo scritto.
Intendo invece trattare un argomento di storia postale ad essi collegato, poco noto e, per quanto riguarda la "Repubblica di Torriglia", sconosciuto alla maggior parte degli studiosi di storia postale.
Si tratta della censura postale attuata sia in arrivo sia in partenza dalle forze partigiane, non in modo occasionale ma sistematico e organizzato.
Prima però di addentrarmi ulteriormente nell'argomento, ritengo necessario dare una sia pur sommaria descrizione delgli avvenimenti storici, in modo che anche quei lettori che non conoscessero le vicende della resistenza in Liguria ne abbiano un quadro sia pure sintetico.
LA REPUBBLICA DI TORRIGLIA
Tutti i dati e i riferimenti storici che riguardano questo capitolo sono tratti dai lavori che cito in bibliografia. Ulteriori notizie e conferme le ho avute dalla viva voce di un protagonista che visse in una posizione di comando le vicende storiche di quel periodo.
Dopo un periodo iniziale successivo all'8 settembre 1943, in cui gruppi di giovani renitenti alla leva, soldati sbandati che non intendevano più combattere sotto i tedeschi e alcuni prigionieri fuggiti dai campi di concentramento, non trovarono di meglio che rifugiarsi sui contrafforti montuosi degli Appennini Liguri alle spalle di Genova, iniziando di fatto quel movimento di resistenza armata al nazifascismo che doveva portare, per ciò che riguarda Genova, alla resa delle truppe tedesche alle forze partigiane, il 25 aprile 1945. Fig. 1bis
Fra questi piccoli gruppi di sbandati si cominciò ben presto a creare un certo collegamento che sfociò in una vera e propria collaborazione in cui l'autodisciplina unita all'idea di lottare per un giusto ideale sopperiva alle manchevolezze che questo embrione d'organizzazione all'inizio inevitabilmente presentava. Con la primavera del 1944 l'organizzazione si affinò sempre di più, trasformandosi in una vera e propria struttura militare composta di Distaccamenti, Brigate e Divisioni e assegnando ad esse delle zone operative.
Nel territorio della "Repubblica di Torriglia" il nucleo principale iniziale di questa struttura era composto dalla Divione Cicchero, dal nome di un piccolo gruppo di case sotto il monte Ramaceto da cui prese le mosse il raggruppamento primitivo che doveva poi formare la Divisione. Il territorio su cui operava la Divisione, comprendeva la Val d'Aveto e la Val Trebbia, di cui Torriglia era il centro più importante. Successivamente la zona d'influenza della Divisione si estese verso la Val Borbera e la Val Curone, nell'Alessandrino, dove operavano altre formazioni partigiane.
Per evitare che vi fossero dei conflitti di competenze, l'8 marzo 1945 fu deciso di creare una nuova Divisione inglobante i nuclei partigiani già operanti in zona. Questa Divisione prese il nome di Divisione Pinan-Cicchero in memoria del Comandante del Distaccamento "Franchi" caduto in combattimento. Il nucleo principale della Divisione era costituito dalle Brigate Arzani, Oreste e Po-Argo e operava prevalentemente nelle valli Borbera e Curone.
La "Repubblica di Torriglia" fu proclamata ufficialmente nel giugno del 1944. Nell'agosto dello stesso anno, con la creazione da parte del CLN della VI zona operativa, il territorio controllato dai partigiani aveva un diametro approssimativo di circa 45 Km nel punto di massima ampiezza. Fig. 1
Questo territorio rimase sotto il controllo partigiano sino al 25 aprile 1945, tranne brevi periodi in concomitanza dei grandi rastrellamenti avvenuti nell'agosto e nel dicembre 1944. Esclusi questi brevi periodi, le forze nazifasciste rimasero concentrate in grossi presidi attorno a questa zona, e si limitavano a tenere sgombre le principali arterie di comunicazione tra la Liguria e il nord del Paese.
A questi rastrellamenti, in modo particolare a quello di agosto, e in genere alle azioni anti-partigiane presero parte anche tre Battaglioni della Divisione Alpina Monterosa. Uno di questi Battaglioni, il Vestone, il 4 novembre 1944 passò armi e bagagli nelle file partigiane.
Le forze partigiane non si limitarono a un'occupazione prettamente militare del territorio, ma si attivarono per dare alla popolazione civile, per quanto era possibile, una normalità di vita. Furono anche indette libere elezioni per la costituzione dei Consigli Comunali e la nomina dei Sindaci.
Con il concorso di queste istituzioni si tentò di normalizzare la situazione annonaria provvedendo alla distribuzione ed al calmieramento dei generi di prima necessità: testimonianza di ciò sono vari documenti conservati presso l'Istituto Storico della Resistenza di Genova, uno dei quali è riprodotto. Fig. 2
La situazione sanitaria fu normalizzata con la creazione di tre ospedali a VARZI, ROCCHETTA LIGURE e ROVEGNO e diversi ambulatori di pronto intervento.
Dell’ordine pubblico fu incaricato il S.I.P. (Servizio Informazioni e Polizia) che oltre al principale compito di controspionaggio provvedeva anche a questa necessità.
Furono riprese anche le attività scolastiche sia nelle classi elementari sia nelle medie. Di questo posso fornire la testimonianza diretta di un’insegnante, che in quel periodo ha prestato la sua opera presso la scuola media partigiana di Rocchetta Ligure. Opera riconosciuta ufficialmente alla fine del conflitto, dalle autorità scolastiche e politiche come testimonia il documento in Fig. 3.
Fu inoltre pubblicato un giornale, “IL PARTIGIANO”, diretto da Giovanni Serbandini (BINI) che alla fine del conflitto dirigerà anche il quotidiano politico “L’UNITA’”.
Questo in breve sintesi è il contesto storico in cui s’inserisce l’argomento che intendo trattare nel seguito di queste note, la Censura Postale partigiana.
CENSURA POSTALE
Fra i compiti del S.I.P., oltre a quelli precedentemente elencati, ve ne era uno direttamente attinente alla sua attività principale di controspionaggio, vale a dire la censura postale.
Di questa attività di censura, l’unico che ne da notizia è G.B. Lasagna nel suo libro “PONTE ROTTO”, ma liquida l’argomento con un generico trafiletto di due righe.
"Contro lo spionaggio, stabilimmo anche di mettere una censura alla posta in entrata e in uscita e di limitare il transito fuori zona alle persone conosciute”.
Era evidente che in un contesto organizzativo com’era quello della “Repubblica di Torriglia” non potesse essere trascurata l’importanza del controllo della corrispondenza.
Non avendo però mai trovato traccia di ciò sulla corrispondenza del periodo, ho sempre pensato che si trattasse di un’inesattezza del Lasagna oppure, che il controllo fosse fatto in modo casuale e non sistematico e quindi non riscontrabile. Il fortuito ritrovamento della busta illustrata in Fig. 4 mi ha fatto ripensare alla notizia data dal Lasagna.
Il documento, come si può notare, non è di facile interpretazione, non presenta, infatti, contrassegni postali, ma la presenza della stella a cinque punte con l’effigie di Garibaldi e la località cui era indirizzata mi hanno spinto ad approfondire le ricerche.
Le ricerche, condotte presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Genova, hanno portato al ritrovamento della documentazione comprovante l’uso della censura postale nel territorio dell’Appennino ligure liberato dalle formazioni partigiane. Il più importante fra questi documenti, quello in Fig. 5, è una Circolare del 13 marzo 1945 (un’altra in data 12 marzo 1945 ricalca la falsariga di questa) inviata dal Comando S.I.P. alla Brigata Garibaldina di Manovra “CAIO” – che controllava la zona di Santo Stefano d’Aveto – dove al paragrafo “SERVIZIO POSTALE” cita testualmente:
1°) Gli ufficiali postali sono tenuti a consegnare al Comando SIP la posta in arrivo e quella in partenza.
2°) Gli ufficiali postali che non si atterranno a queste disposizioni saranno deferiti al Tribunale di Brigata.
3°) E’ consentito ai cittadini muniti di regolare permesso per recarsi oltre la nostra zona da noi controllata di portare lettere di conoscenti e amici sempre che siano vistate dalla censura SIP. I trasgressori saranno puniti con L. 10.000 di multa.
Un altro documento altrettanto interessante è quello alla Fig. 6, inviato dal Comando S.I.P. della Brigata “ARZANI” – che operava nella Val Borbera – e diretto al Comando S.I.P. Divisionale e al Comando della Brigata stessa in data 29 marzo 1945. Si tratta di una relazione relativa a fatti e notizie accadute nella zona, la parte che interessa questa ricerca cita:
“Sono state censurate due cartoline postali del Maresciallo RISI, già comandante della stazione di Garbagna, dirette a certo Silvio Mazzola ed al Geom. Giacinto Riva, sono in corso indagini.”
Questi due documenti confermano dunque che la censura partigiana sulla corrispondenza era in funzione in modo organizzato, perlomeno nei primi mesi del 1945.
Un ulteriore ritrovamento avvenuto in epoca successiva alle mie ricerche presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza ribadisce ulteriormente quanto ho riportato. Si tratta di una lettera, Fig. 7, censurata dalla censura partigiana, proveniente da Santa Margherita Ligure ma imbucata a Genova e diretta a Cabella Ligure. Dell’autenticità di questo documento sono assolutamente certo, proviene, infatti, dalla corrispondenza di una famiglia che in quel periodo soggiornava a Cabella Ligure e da cui l’ho ricevuta direttamente.
L’esame delle lettere alle Fig. 4 e 7 consente alcune osservazioni.
La prima lettera, inviata da Genova a Santo Stefano d'Aveto, ameno centro di villeggiatura estiva ed invernale alle spalle di Chiavari, evidenzia e conferma l’uso della censura sulla corrispondenza trasportata in modo occasionale da privati cittadini. Non risulta infatti inoltrata utilizzando il normale servizio postale, visto che di esso non si trova traccia né sul fronte né sul retro della busta. Chiunque sia stato a portare la missiva, doveva essere al corrente delle disposizioni impartite dal S.I.P. perché si è affrettato a presentare allo stesso la lettera per la censura.
A conferma dell’avvenuto controllo fu apposto sulla busta il timbro della Brigata Garibaldina “CAIO”; ed è lo stesso timbro che appare in calce al documento 2 relativo al calmieramento alimentare.
Poichè la lettera non contiene più la missiva, non è possibile stabilire la data di spedizione e di conseguenza anche il periodo in cui era già in uso la censura postale.
La lettera alla Fig. 7 è stata inoltrata invece attraverso il normale servizio postale. E affrancata con un francobollo da 50c. soprastampato “Repubblica Sociale Italiana”, molto maltrattato; probabilmente si tratta di un francobollo usato precedentemente come moneta.
L’annullo è quello meccanico con linee ondulate di Genova Corrispondenze, la data non è, purtroppo, completamente leggibile: si legge chiaramente il giorno 9, mentre il mese potrebbe essere il 10, invece l’anno non è decifrabile. Anche in questo caso non possiamo conoscere con certezza in che periodo era già in funzione la censura. Si può però tentarne il collocamento temporale dall’esame dell’affrancatura.
La tariffa di 50c. per il porto semplice fuori distretto per una lettera, cessava con il 30 settembre 1944, per passare con il 1 ottobre a 1 lira. La data d’impostazione non può essere il 9 ottobre 1943 per l’ovvia ragione che in quel periodo le formazioni partigiane erano ancora allo stato embrionale, e i francobolli con l'effige reale non erano ancora stati soprastampati. E daltra parte non può essere il 9 ottobre 1945 perché la liberazione avvenne il 25 aprile 1945 ed è impensabile che in ottobre ci fosse ancora la censura partigiana; inoltre il francobollo ormai era fuori corso.
La data d’impostazione non può quindi essere che il 9 ottobre 1944. Il documento in questione avrebbe dovuto perciò essere sottoposto a tassazione, di ciò invece non vi è traccia. Il perché ciò non sia avvenuto può avere la seguente spiegazione: la lettera risulta spedita il giorno 9, ma era stata scritta e affrancata almeno un giorno prima – ricordiamoci che il mittente è di Santa Margherita Ligure e la lettera è partita da Genova – risulterebbe quindi fuori tariffa da pochissimi giorni.
Era possibile quindi che chi ha spedito la lettera non fosse a conoscenza del cambio di tariffa; a ciò si aggiunge il fatto che l’obliterazione è avvenuta meccanicamente e daltra parte l'ufficio di partenza non segnalò l'insufficente affrancatura con la "T", come avrebbe dovuto. Nè vi badò l’ufficio di transito al limite della zona partigiana, data la particolare situazione in cui si trovava ad operare. Sappiamo da altre situazioni simili, come la "Repubblica di Montefiorino" nel Modenese, che i collegamenti postali erano normalmente interrotti con le aree controllate dai partigiani. Se la corrispondenza transitava ugualmente, almeno in parte, lo si doveva certamente all'iniziativa degli impiegati postali. I quali però - per comprensibile precauzione - non lasciavano traccia della loro opera: e questo spiega l'assenza di qualsiasi bollo di transito o di arrivo, che sarebbe stato compromettente.
CONCLUDENDO
Le conclusioni che si possono trarre dai documenti analizzati sono tre:
1) La censura postale partigiana nella “Repubblica di Torriglia” era una realtà presente e operante, anche se probabilmente non era sempre evidenziata con timbri o fascette attestanti la sua applicazione.
2) Dagli elementi attualmente conosciuti (troppo pochi) non è possibile dire quando diventò operativa, ma si può ragionevolmente ipotizzare che ciò sia avvenuto nell’autunno del 1944. Bisognerà però attendere ulteriori ritrovamenti per stabilire delle date certe.
3) Dalle mie ricerche sul materiale che attualmente disponibile in ambito collezionistico e dalle informazioni raccolte presso persone che vissero quelle vicende storiche - perché dimoravano in quei territori o perché vi operarono militarmente in posizioni di comando - ho tratto la conclusione che la corrispondenza in partenza o in arrivo fosse molto poca. Ciò era dovuto sia agli avvenimenti bellici che incombevano su quei territori, sia alla precarietà dei collegamenti automobilistici (le autocorriere erano l’unico mezzo di locomozione, assieme al “cavallo di San Francesco” !) che congiugevano questi territori montuosi con i centri di fondovalle. Infatti non sempre erano in grado di svolgere la loro attività, specialmente nel 1945 quando gli eventi bellici stavano precipitando e l'Alta Italia era in pieno caos e scarseggiava tutto, in particolare la benzina e il gasolio.
Questo è quanto attualmente è a mia conoscenza. Non molto, ma spero sia sufficiente a creare in chi legge curiosità è un eventuale interesse ad approfondire questo aspetto poco conosciuto della storia italiana, non solo postale.
BIBBLIOGRAFIA
F. ALVESI – La Ribellione degli Italiani – F.lli Bocca Editori 1956
R. BATTAGLIA – Storia della Resistenza Italiana – Einaudi Editorie 1973
R. BATTAGLIA-G. GARRITANO – Breve Storia della Resistenza Italiana – Editori Riuniti 1997
G. BOCCA – Storia dell’Italia Partigiana – Universale Laterza 1971
G. BOCCA – La Repubblica di Mussolini – Mondadori Editore 1994
L. KLINKHAMMER – l’Occupazione Tedesca in Italia – Bollati – Boringhieri Editori 1996
G.B. LASAGNA – Il Ponte Rotto – Edizioni Colibrì 1996
MARZO (Giovanni Battista Canepa) - La Repubblica a Torriglia – Di Stefano Editore 1975
G. PANSA – Guerra Partigiana tra Genova e il Po – Editori Laterza 1998